18-3-2024 -- Sono passati ormai 50 anni da quel lontano 1974, quando la legge 98 di quell’anno introdusse l’art. 615-bis al codice penale. Non esistevano i cellulari, i computer erano pochi e lenti e tuttavia è stata una norma che ha stabilito uno spartiacque a tutela della riservatezza delle persone.
Oggi, più che mai, nell’era digitale, riprende assoluto vigore il precetto contenuto in quest’articolo, che prevede che ‘Chiunque mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo…’
Dunque è assolutamente vietato riprendere visivamente, registrare, ascoltare conversazioni altrui nei luoghi di privata dimora delle persone.
La giurisprudenza, soprattutto negli ultimi anni, ha dovuto risolvere problemi giudiziari riguardanti questo reato. Ad esempio, non commette il reato chi in casa propria provveda a filmare o registrare, perché l’articolo si riferisce alle interferenze di terze persone, estranee all’ambito familiare, ma i casi concreti possono essere tantissimi e bisogna analizzarli uno per uno. Né è reato ad esempio registrare le conversazioni all’interno della propria autovettura che è momentaneamente usata dal coniuge o dal convivente perché l’auto non è ritenuta luogo di privata dimora.
Particolare attenzione va rivolta alle riprese o alle registrazioni effettuate da chi esercita la professione di giornalista: sono illecite, e quindi integrano il reato, quelle effettuate nei luoghi di domicilio o di privata dimora delle persone oggetto di ripresa video o di registrazione. In questo caso, il diritto eventuale di cronaca deve cedere al diritto alla riservatezza della vita privata delle persone.
Mai come in questo particolare periodo definito di ‘era digitale’, è stata sentita così forte l’esigenza di tutelare il diritto di ciascuno alla propria vita personale e alla propria riservatezza e la Legge 98/1974, precorrendo i tempi, vi ha posto rimedio in tempi non sospetti.
Carlo Crapanzano
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