5-2-2024 -- La sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 26 gennaio 2024 è quella destinata a fare discutere, e anche molto.
A seguito di un’ordinanza di rimessione alla Corte, il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 dell’Ordinamento penitenziario (Legge 354/1975) che prevede che i detenuti e gli internati possano avere colloqui con i familiari solo a vista degli agenti penitenziari. Il Magistrato di Spoleto si chiedeva invece se non fosse legittimo che, quando non vi fossero ragioni contrarie alla sicurezza, il detenuto non potesse invece avere colloqui intimi con i familiari, anche a carattere sessuale.
La Corte costituzionale ha accolto quanto rilevato dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto e ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’Ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie.
Il Magistrato di sorveglianza di Spoleto riteneva che il controllo a vista sui colloqui con il partner implicasse per il detenuto ‘un vero e proprio divieto di esercitare l’affettività in una dimensione riservata, e segnatamente la sessualità’.
La Corte costituzionale nella sentenza 10/2024 così scrive, tra l’altro, e letteralmente: ‘L’ordinamento giuridico tutela le relazioni affettive della persona nelle formazioni sociali in cui esse si esprimono, riconoscendo ai soggetti legati dalle relazioni medesime la libertà di vivere pienamente il sentimento di affetto che ne costituisce l’essenza. Lo stato di detenzione può incidere sui termini e sulle modalità di esercizio di questa libertà, ma non può annullarla in radice, con una previsione astratta e generalizzata, insensibile alle condizioni individuali della persona detenuta e alle specifiche prospettive del suo rientro in società’.
La Corte continua poi affermando che ‘Può ipotizzarsi che le visite a tutela dell’affettività si svolgano in unità abitative appositamente attrezzate all’interno degli istituti, organizzate per consentire la preparazione e la consumazione di pasti e riprodurre, per quanto possibile, un ambiente di tipo domestico. È comunque necessario che sia assicurata la riservatezza del locale di svolgimento dell’incontro, il quale, per consentire una piena manifestazione dell’affettività, deve essere sottratto non solo all’osservazione interna da parte del personale di custodia (che dunque vigilerà solo all’esterno), ma anche allo sguardo degli altri detenuti e di chi con loro colloquia’.
Dunque, in brevissimo tempo, gli istituti penitenziari dovranno attrezzarsi per permettere ai detenuti e agli internati di avere colloqui intimi con i familiari, riservando loro parte di unità abitative che permettano, in discrezione e riservatezza, anche di avere rapporti sessuali. Questa possibilità però, è espressamente negata dalla Corte per i detenuti in regime di 41-bis.
Una rivoluzione, comunque.
Carlo Crapanzano