PIEMONTE- 06-08-2023-- Chi occupa le strade impedendo la circolazione commette reato?
Sempre più spesso accade che gruppi di manifestanti blocchino il traffico stradale e autostradale impedendo la normale circolazione. E’ un fenomeno che si sta praticamente diffondendo in tutto il mondo. Secondo il criterio di sovranità territoriale, ogni Stato applica, in questi casi, le proprie regole.
Per l’ordinamento giuridico italiano, si prospettano diverse ipotesi. Tenteremo, in queste poche righe, di esaminare la questione senza pretesa di essere esaustivi, ma dando uno sguardo generale alle norme potenzialmente applicabili.
Diciamo subito che esiste una norma specifica che punisce questo comportamento: è l’art. 1-bis del D. Lgs. 66/1948 (introdotto dall’art. 17 del D. Lgs. 507/1999 e poi modificato dall’art. 23 del D.L. 113/2018) che prevede testualmente: ‘Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 4.000. La medesima sanzione si applica ai promotori ed agli organizzatori’.
Come avrete notato, si tratta di sanzione amministrativa e non penale e quindi i manifestanti non commetterebbero alcun reato occupando la strada e impedendo la circolazione.
Tuttavia, i diritti costituzionali in gioco sono molto più ampi. Si pensi al diritto costituzionale alla libertà di circolazione dell’art. 16; o si pensi alla libertà di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione dell’art. 21; o ancora alla libertà di riunirsi liberamente salvo darne avviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica di cui all’art. 17.
Conciliare contemporaneamente questi importantissimi diritti costituzionali non è affatto semplice. Abbiamo quindi il dovere di andare oltre la semplice sanzione amministrativa per il blocco stradale e vedere se possano esservi altre norme applicabili.
Sicuramente è applicabile l’art. 18 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza che obbliga i promotori di una riunione in luogo pubblico di darne avviso al Questore almeno tre giorni prima e che, senza autorizzazione, rischiano la pena dell’arresto fino a sei mesi. Chi occupa la sede stradale col proprio corpo impedendo la circolazione, non v’è dubbio non abbia ricevuto alcuna autorizzazione a farlo e quindi commette il reato penale di cui stiamo parlando.
In ipotesi, il blocco stradale può senz’altro avere gli estremi di un reato contro la pubblica amministrazione che è l’interruzione di pubblico servizio o di pubblica necessità previsto dall’art. 340 del codice penale (ovviamente si dovrà valutare caso per caso). Si pensi al fatto che il blocco stradale non permetta ad esempio ai mezzi di soccorso di circolare liberamente (ambulanze, Vigili del Fuoco, forze dell’ordine, eccetera). In questo caso è prevista la reclusione fino a due anni, visto che il blocco avviene su luogo pubblico e, per i promotori e gli organizzatori, da uno a cinque anni.
In altra ipotesi, si potrebbe prospettare anche un reato contro l’incolumità pubblica e cioè l’attentato alla sicurezza dei trasporti (per le modalità ad esempio di come è organizzato il blocco stradale) previsto dal primo comma dell’art. 432 del codice penale, che prevede la reclusione da uno a cinque anni.
Si potrebbe individuare anche l’ipotesi della violenza privata (che è reato contro la libertà morale) prevista dall’art. 610 del codice penale perché si costringono gli utenti a tollerare e a subire un comportamento ingiusto tenuto dai manifestanti (in questo caso, però, sono necessari gli ulteriori elementi della violenza e della minaccia).
Un’ultima ipotesi che potremmo prospettare è il reato di invasione di terreni pubblici punito dall’art. 633 del codice penale che prevede la reclusione da uno a tre anni, o da due a quattro anni se vi sono più di cinque manifestanti o con armi.
Ovviamente l’elenco non è esaustivo, ma premeva rilevare come le ipotesi di reato commesse dai manifestanti vanno oltre la semplice sanzione amministrativa prevista dall’art. 1-bis del D. Lgs. 66/1948 di cui parlavamo all’inizio. Sarà compito del giudice, quindi, valutare tale comportamento e inquadrarlo correttamente nell’ambito dell’ordinamento giuridico visto che vi è concorso sia sostanziale che apparente di norme.
Un’ultima considerazione: cosa possono fare i cittadini, in attesa che arrivino le forze dell’ordine, per evitare il blocco stradale? Possono spostare i manifestanti? Possono bloccarli ai limiti della carreggiata? Possono in qualche modo impedire il loro comportamento?
Tutti i cittadini privati possono arrestare chiunque in flagranza di reato e hanno solo il dovere di chiamare subito le forze dell’ordine e trattenere l’arrestato fino al loro arrivo: lo prevede l’art. 383 del codice di procedura penale. Il limite è dato dal fatto che tutti i cittadini possono arrestare in flagranza per reati perseguibili d’ufficio nei casi previsti dall’art. 380 del codice di procedura penale (vi è un apposito elenco).
In via teorica, quindi, visto che il blocco stradale non rientra nell’elenco dell’art. 380 cpp, non potremmo arrestare i manifestanti in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine. E se invece li arrestiamo che succede? Il primo comma dell’art. 54 del codice penale testualmente prevede: ‘Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo’. Questa causa di giustificazione che permette di non essere puniti, dal codice penale è chiamata ‘stato di necessità’: se vi è un pericolo attuale di un danno grave alla persona (ad esempio l’urgenza di far passare un’ambulanza che trasporta un ferito grave e in pericolo di vita) possiamo senz’altro arrestare i manifestanti e impedire il blocco in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine alle quali li consegneremo, invocando a nostro favore lo stato di necessità dell’art. 54 del codice penale.
Avv. Carlo Crapanzano


