1

pointing gfa81f7992 1280

12-6-2023 -- E’ una di quelle sentenze che farà discutere e scuote il mondo giudiziario. La quinta sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 20365/2023 depositata il 12 maggio scorso, ha confermato la condanna di due pubblici ministeri che in un’occasione nella quale stavano sentendo tre testimoni per un reato su cui indagavano, li avevano minacciati di arresto, con atteggiamento intimidatorio, nel caso non avessero concretamente ‘collaborato’ alle indagini. Praticamente i due pm volevano che i testimoni dicessero quello che volevano loro e non quello che è successo veramente. Chissà se è capitato altre volte.
La quinta sezione penale è stata chiara: ‘Il delitto di violenza privata è integrato quando la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino nel soggetto passivo (il testimone) la perdita o la significativa riduzione della capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà, avuto riguardo alle condizioni ambientali in cui il fatto si svolge’.
Nei vari processi, i due pubblici ministeri si erano difesi dicendo che non erano punibili perché stavano adempiendo a un dovere (quale?) e che il loro comportamento era un ‘bluff tattico’ o uno ‘stress test’ finalizzato a ottenere la verità. Avete letto bene: l’atteggiamento dei pubblici ministeri, al fine di ottenere la verità (la loro?), lo consideravano un ‘bluff tattico’ o uno ‘stress test’, condizionando enormemente la libertà di determinazione del testimone e incutendogli il timore di un arresto, tra l’altro non previsto dalla legge.
Secondo la legge, i Pubblici Ministeri, o gli ufficiali di polizia giudiziaria da loro delegati per le indagini, dovrebbero essere i garanti della legalità nella fase procedimentale; sono quelli che devono garantire il rispetto assoluto delle regole previste dalla legge a tutela di tutte le parti (indagati, difensori, testimoni) e non devono mai indirizzare le indagini a loro piacimento secondo la loro personale prospettazione dei fatti.
Speriamo questa sentenza sia illuminante…
Avv. Carlo Crapanzano

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti l'utilizzo dei cookie.