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05-04-2023 -- I Galaxie500 furono una delle band più importanti degli anni 90 non avendo, di fatto, quasi mai suonato negli anni 90. Il loro capolavoro, “On Fire”, uscito nel 1989, aprirà la strada a un’intera generazione di musicisti, rendendoli consci del fatto che tutti possono fare musica. Gran parte dell’indie rock infatti fonda le sue radici in quel sound che proprio i Galaxie500 brevettarono, un modo di fare semplice, quasi svogliato, talvolta ripetitivo ma ad alto impatto emotivo, caratterizzato spesso dalla lentezza e le atmosfere “sognanti”, introducendo una versione prototipo del cosiddetto “slowcore”. Ai Galaxie500 potrà di certo essere mossa la critica della monotonia dei loro pezzi, a mio parere se la monotonia è comunque su alti livelli come quelli dei Galaxie500, male non c’è, anzi… Il paesaggio urbano e addormentato delle scarne strumentali fa da tela per i lamenti di alienazione, solitudine, malinconia e sensibilità delle vocals di Dean Wareham (N.B. nel bellissimo pezzo “Another Day” a cantare è la bassista Naomi Yang, icona delle “indie-girls” e soggetto del pezzo “Naomi” dei Neutral Milk Hotel, uscito nel 96). La cosa che più incuriosisce dei Galaxie500 e i loro discepoli, è il fatto che la loro originalità è difficile da cogliere, essa si trova infatti nella loro attitudine più che nei loro strumenti e nella delicatezza e “femminilità” del loro sound. I Galaxie500 poi, in un certo modo similmente ai primi gruppi Punk, riuscirono a presentare in modo semplice e diretto i problemi della gioventù americana di quell’epoca, che almeno musicalmente non aveva più la forza di arrabbiarsi, rifugiandosi nell’introspezione e nell’alienazione.
“When Will You Come Home” è un pezzo leggendario, la voce tirata il più possibile si amalgama con i pochi accordi intenti a rappresentare la sospensione nel vuoto della loro musica, il testo all’apparenza dritto al punto, nasconde in realtà qualcosa in più della solita canzone d’amore. Peculiare invece l’ultima traccia, “Isn’t It A Pity”, una cover del famoso brano di George Harrison che, nonostante il divario anagrafico, rappresenta proprio la morale e il concetto che i Galaxie500 avevano fatti propri.
Volenti o nolenti, ancora oggi molti musicisti continuano a creare musica con la stessa attitudine introdotta dai Galaxie500, anche per questo mi sento di consigliare questo disco soprattutto ai più giovani. Buon ascolto.

Gianvittorio Bentivoglio


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