VERCELLI 22-11-2022 I servizi sanitari sia ospedalieri sia territoriali dell’ASL Vercelli rappresentano un punto di osservazione e monitoraggio importante del fenomeno della violenza di genere nel nostro territorio. In particolare il Pronto Soccorso e il Servizio Sociale (presente sia negli Ospedali di Vercelli e Borgosesia sia nei Consultori familiari dell’ASL), sono punti di accesso a cui si rivolgono donne, minori, ma anche persone adulte e anziani vittime di maltrattamenti, a indicazione del fatto che il fenomeno della violenza è sempre più trasversale e coinvolge una pluralità di persone vulnerabili.
I dati registrati dal 2019 indicano una presenza costante di donne, anche con figli al seguito, che chiedono aiuto. Fa eccezione il 2020 in concomitanza con il lockdown, dove il fenomeno è rimasto sommerso a causa dell’impossibilità di uscire di casa, per poi riprendere negli anni successivi.
Le donne si rivolgono prevalentemente al Pronto Soccorso a seguito di liti con il partner e aggressioni, spesso sono accompagnate dalle Forze dell’Ordine intervenute su chiamata diretta o di vicini di casa. Il numero di accessi è passato dai 146 del 2019, ai 77 del 2020, ai 119 del 2021 fino ai 34 del primo semestre 2022.
«Le lesioni che riscontriamo maggiormente sono percosse e spintoni – spiega Roberta
Marino, responsabile del Pronto Soccorso – Ma c’è anche chi arriva in forte stato
d’agitazione a causa di minacce fisiche o verbali, come ‘ti faccio rinchiudere’ o ‘ti faccio
portare via i figli’, a cui capita che assistano anche i bambini».
Le donne che arrivano in Pronto Soccorso per episodi di violenza vengono accolte nel
percorso dedicato “Codice rosa”, attivo all’ASL di Vercelli da ormai più di 10 anni, grazie a
un protocollo specifico realizzato dall’infermiera Claudia Marino, che ha seguito uno
percorso di formazione sul tema del contrasto alla violenza di genere.
«Anche se non presenta lesioni particolari la donna non viene mai lasciata in attesa, in
modo che chi le ha usato violenza non possa presentarsi sul posto e tentare di prelevarla
o di convincerla a tornare a casa – precisa Roberta Marino – Inoltre viene affidata a
personale interno specificatamente formato, che effettua la valutazione sanitaria e sociale,
per capire se vive con il proprio aggressore. Se sì, la paziente non può fare rientro a casa
e viene presa in carico dall’assistente sociale che si attiva per garantirle protezione e la
collocazione in un luogo sicuro. Non importa se non presenta segni fisici particolari, chi
arriva in Pronto soccorso per situazioni di violenza non si sentirà mai sminuire.


