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07-11-2022 -- Non è semplice parlare di giurimetria, sia perché è un termine poco conosciuto, sia perché la sua applicazione è ancora allo stato larvale. Storicamente, il termine fu coniato dall’americano Lee Loevinger che nel 1949 provò ad applicare la matematica (che è scienza esatta) al diritto (che non è scienza esatta).
In termini semplici, possiamo definire la giurimetria come la scienza che studia l’applicazione di metodi matematici per risolvere problemi giuridici. Così inteso, il termine capisco possa creare qualche legittima preoccupazione, ma la finalità ultima è rendere ‘misurabile’ il diritto, tanto da prevederne gli esiti (ad esempio di una sentenza) e renderlo ‘prevedibile’.
Tutto questo non deve meravigliare. Soprattutto in campo penale, ad esempio, il diritto si affida spesso alla scienza per emettere una sentenza al di là di ogni ragionevole dubbio (esame del dna, perizie scientifiche varie, ecc.).
Da circa un decennio, in Italia, anche alcune leggi approvate applicano la giurimetria (ad esempio la Legge 228/2012, art. 1 comma 495; il Decreto-Legge 4/2019 sull’assegno di ricollocazione per il reddito di cittadinanza).
Lo scopo quindi è riuscire a definire metodi matematici applicabili al diritto che lo rendano il più possibile ‘oggettivo’, visto che invece la sua applicazione è sempre ‘soggettiva’ da parte del giudice.
Ma si sta andando oltre. Molti studi legali stanno sperimentando software giurimetrici addirittura per ‘studiare’ il linguaggio usato dai giudici per scrivere le sentenze, il loro orientamento ‘politico’, la loro personalità e tutto al fine di ‘gestire’ il processo davanti a quel giudice e poter arrivare al miglior risultato possibile per i propri assistiti.
Attualmente è in corso e in via sperimentale un progetto di giurimetria presso la Corte d’Appello di Brescia che merita attenzione e approfondimento.
Forse non riusciremo a breve a poter valutare l’impatto della giurimetria nell’applicazione della legge, ma in un prossimo futuro e tra qualche decennio ci ritroveremo magari a risolvere un processo davanti a un computer quantistico che ci metterà un attimo a dirci chi ha ragione e chi ha torto e ad applicare la relativa sanzione. Povera giustizia: già ne è quasi impossibile l’applicazione da parte dell’uomo che ha inventato il diritto, figurarsi applicarla con dati, magari errati, inseriti da chi avrebbe il compito di esserne il giudice.

Carlo Crapanzano

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