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13-10-2022 -- Siamo tutti sulla stessa barca, diceva papa Francesco in piana pandemia, suggerendoci di ricordare che il pianeta è solo uno e che condoniamo una porte globale. E' quello che suggeriscono anche le associazioni ambientaliste e gli scienziati, nel parlarci di quel riscaldamento globale che tanto peso avrà nelle nostre vite (e già sta avendo), ma anche sulle specie di animali. "È un calo medio devastante quello subìto dalle popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 in tutto il mondo: le popolazioni di fauna selvatica monitorate dal Living Planet Report (LPR) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta, che il WWF lancia oggi a livello globale, sono calate in media del 69%". La colpa principale? L'impatto umano.

Un elenco impressionante quello delle specie che rischiamo di perdere per sempre che non tralascia alcun continente, ed anche presenze a noi familiari sono fortemente a rischio, come le api o ancor ad più il bombo degli orti (Bombus hortorum). "I bombi sono importanti impollinatori sia per le piante selvatiche che per molte colture. Anche se si prevede che singole specie trarranno beneficio dal cambiamento climatico, uno studio su 66 specie di bombi in tutto il Nord America e in Europa 171 ha rilevato un calo nella maggior parte delle specie nella maggior parte dei siti. Ciò è probabilmente dovuto al danno causato da pesticidi ed erbicidi che supera qualsiasi potenziale effetto positivo del cambiamento climatico", si legge nel Report del WWF.

Il report evidenzia le drammatiche prospettive dello stato di salute della natura e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all'opinione pubblica: serve subito un'azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità che, insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall'uomo, minaccia il benessere delle generazioni attuali e future.

Non solo tigri, oranghi, gorilla, balene, i delfini rosa di fiume dell'Amazzonia nella triste lista del Living Planet Report. Tante le presenze familiari alle nostre latitudini, come quelle d'acqua dolce: "Basato su 6.617 popolazioni monitorate, rappresentative di 1.398 specie di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci, il LPI d'acqua dolce fornisce un'indicazione dello stato degli habitat d'acqua dolce. Dal 1970 queste popolazioni sono diminuite in media del 83% (range: -74% to -89%). Sulla base del campione analizzato più ampio di sempre - 454 nuove specie di acqua dolce e 2.876 nuove popolazioni sono state aggiunte al dataset".

In lista anche la lince euroasiatica, che proprio recentemente è stata avvistata nei nostri boschi (a Montecrestese). Il fatto che sia un animale a grave rischio estinzione dovrebbe indurre a iniziative che ne tutelino la presenza favorendo la convivenza. Marco Lambertini, Direttore generale del WWF Internazionale, ha commentato: "Ci troviamo di fronte a una doppia emergenza: il cambiamento climatico provocato dall'uomo e la perdita di biodiversità, che minacciano il benessere delle generazioni attuali e future. Il WWF è estremamente preoccupato da questi nuovi dati che mostrano un calo devastante delle popolazioni di fauna selvatica".

I leader mondiali si riuniranno a dicembre alla 15a Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD COP15), un'occasione unica per correggere la rotta per il bene delle persone e del pianeta. Il WWF chiede ai leader di impegnarsi per un accordo in "stile Parigi" in grado di invertire la perdita di biodiversità per garantire un mondo nature-positive entro il 2030.

Andrew Terry, Direttore Conservazione e Politiche dello ZSL, ha dichiarato: "Il Living Planet Index evidenzia come abbiamo distrutto le fondamenta stesse della vita e la situazione continua a peggiorare. Metà dell'economia globale e miliardi di persone dipendono direttamente dalla natura. Prevenire un'ulteriore perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi vitali deve essere in cima alle agende globali per affrontare la crescente crisi climatica, ambientale e di salute pubblica".

Secondo il Living Planet Report le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l'inquinamento e le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio, e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici; mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa. Inoltre a meno che non limitiamo il riscaldamento globale a meno di 2°C, o preferibilmente 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni.
Luciano Di Tizio, presidente del WWF Italia: “I dati del Living Planet Report sono l'ennesimo, drammatico allarme del pessimo stato di salute della biodiversità globale e confermano che il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell'emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli. In Italia il WWF ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo che il Parlamento che si insedia oggi e il governo che seguirà mettano al centro dell'agenda: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità".

Il rapporto indica che aumentando gli sforzi di conservazione e ripristino, producendo e consumando, in particolare il cibo, in modo più sostenibile e decarbonizzando rapidamente e profondamente tutti i settori sarà possibile mitigare la doppia crisi di clima e natura. Il WWF invita i politici a impegnarsi per trasformare le economie in modo da dare il giusto valore alle risorse naturali.

 

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opyright Credit: © Tomas Hulik
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