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NOVARA - VERCELLI - 19-04-2022 -- Grazie a uno studio sui database della United Kingdom biobank i ricercatori UPO hanno valutato l'impatto dell'alimentazione sull'insorgenza dell'artrite reumatoide.


Il laboratorio di Immunomica del CAAD UPO, coordinato dalla professoressa Annalisa Chiocchetti, ha pubblicato sulla rivista Nutrients l’articolo “Nutrition and Rheumatoid Arthritis Onset: A Prospective Analysis Using the UK Biobank”, di Camilla Barbero Mazzucca e collaboratori. Questo studio, nato da un’intuizione del professor Francesco Barone Adesi, è parte del progetto MINDFUL (Microvescicles: INtersection between autoimmune Diseases, Food and Unheathy Life-styles), uno dei quattro progetti di ricerca finanziati dal Dipartimento di Scienze della salute (DISS) nell'ambito del Progetto di Eccellenza FOHN (Food for Health: an Integrated Approach).


Lo studio ha indagato come il consumo di alimenti possa costituire un fattore di rischio nello sviluppare l’artrite reumatoide (AR), che rappresenta una delle malattie autoimmuni più frequenti e la cui incidenza è in costante aumento nei paesi industrializzati.  


«Ad oggi — sottolinea la professoressa Chiocchetti — i dati di letteratura non sono ancora sufficienti per poter definire quale sia il ruolo dell’alimentazione nell’insorgenza delle malattie autoimmuni, in generale, e nella prevenzione primaria dell’AR, in particolare. Lo studio MINDFUL ha approcciato questo problema indagando la relazione tra l’assunzione di singoli alimenti e il rischio di sviluppare l’AR, utilizzando per la prima volta i dati presenti nella United Kingdom (UK) biobank. Si tratta di un database biomedico che comprende una mole senza precedenti di informazioni biologiche, mediche e relative allo stile di vita di mezzo milione di volontari nel Regno Unito. Fra i vari dati, la UK biobank ha raccolto informazioni sulla dieta utilizzando un questionario di frequenza che ha valutato l’esposizione alimentare nei soggetti arruolati.»


Nello studio sono stati confrontati i dati sulle abitudini alimentari dei soggetti che avevano sviluppato l’AR successivamente all’arruolamento con quelle di coloro che non avevano sviluppato la malattia. Dal confronto è emerso un effetto protettivo del consumo di alcuni alimenti tra cui il pesce grasso, il formaggio, i cereali, l’alcol e il caffè. Viceversa, il consumo di thé è stato associato a un aumentato rischio di sviluppare la malattia. 


«Il punto di forza del nostro studio — conclude Chiocchetti — risiede nella sua numerosità campionaria che ha reso i risultati ottenuti più robusti rispetto a quelli presenti nella letteratura. Infatti, grazie alla UK biobank abbiamo avuto la possibilità di analizzare i dati raccolti in una coorte senza precedenti (>2600 pazienti). Gli studi condotti fino ad ora si sono basati su popolazioni piccole e non omogenee dal punto di vista delle indagini nutrizionali.»

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